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How to Talk About Books You Haven't Read (2007)

af Pierre Bayard

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1,5068512,146 (3.51)71
In this mischievous book, literature professor Bayard contends that, in this age of infinite publication, the truly cultivated person is not the one who has read a book but the one who understands the book's place in our culture ... Using examples from works by Graham Greene, Umberto Eco, and others (and even the movie Groundhog Day), Bayard examines the many kinds of "non-reading" (forgotten books, books discussed by others, books we've skimmed briefly) and the many potentially nightmarish situations in which we are called upon to discuss our reading with others. At heart, this delightfully tongue-in-cheek book challenges everyone who's ever felt guilty about missing some of the great books to consider what reading means, how we absorb books as part of ourselves, and why we spend so much time talking about what we have, or haven't, read.… (mere)
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This book is very well written (and translated), is witty, elegant and honest especially if we consider that the one who's admitting he doesn't completely read all books is a literature professor. Nonetheless, the title was promising probably more than a collection of examples taken from literature on from authors' biographies. The best thing about the book is definitely its peculiar list of abbreviations: https://p.twimg.com/AwoK-gcCQAA3ohU.png:large ( )
  d.v. | May 16, 2023 |
Va benissimo parlare di libri che non hai ancora letto. In effetti, discutere di libri che ti interessa leggere o di cui vuoi saperne di più può essere un ottimo modo per interagire con altri che hanno letto il libro o per trovare consigli per altri libri che potrebbero piacerti.

Ecco alcuni suggerimenti per parlare di libri che non hai letto:

Sii onesto sulla tua mancanza di conoscenza: se non sei sicuro di qualcosa o non conosci la risposta a una domanda su un libro che non hai letto, va benissimo ammettere che non lo sai. Puoi dire qualcosa del tipo: "Non ho letto il libro, ma mi interessa saperne di più".

Fai qualche ricerca: se vuoi avere una conversazione significativa su un libro che non hai letto, potresti voler fare qualche ricerca in anticipo. Ciò potrebbe includere la lettura di recensioni, la ricerca di riassunti o schemi di trama o persino la richiesta di ulteriori informazioni a qualcuno che ha letto il libro.

Poni domande aperte: porre domande aperte può essere un ottimo modo per impegnarsi in una conversazione su un libro che non hai letto. Ad esempio, potresti chiedere a qualcuno che ha letto il libro cosa ne pensa o quali temi ritiene più importanti.

Sii rispettoso: è importante ricordare che ognuno ha esperienze e prospettive diverse e rispettare le opinioni degli altri anche se non sei d'accordo con loro. Evita di esprimere giudizi negativi su un libro che non hai letto e cerca di mantenere una mente aperta.

Nel complesso, la cosa più importante è essere onesti e rispettosi nelle discussioni sui libri che non hai letto. Affrontando la conversazione con una mentalità aperta e curiosa, puoi saperne di più sul libro e impegnarti in conversazioni significative con gli altri. ( )
  AntonioGallo | Dec 21, 2022 |
Ho letto questo libro nella versione kindle in inglese e mi sono reso conto di quanto sia cambiato il modo di leggere i libri con l’avvento della Informazione Tecnologica (IT). Il cambiamento non riguarda soltanto la lettura, è coinvolto tutto il modo di pensare, comunicare, scrivere e condividere. Tutto cio’ che era considerato “sapere” e un tempo era cartaceo, oggi, dopo la rivoluzione IT, è diventato digitale. Una rivoluzione ancora in atto e nessuno può dire come e quando si concluderà.

Non si tratta di decidere chi vince e chi perde, cosa è meglio o peggio, bene o male, passato o futuro, cartaceo o digitale. E’ soltanto una questione di scelta in funzione dei grandi cambiamenti che non sono soltanto tali, bensì delle vere e proprie mutazioni. La realtà che ci circonda può essere letta, indagata, conosciuta e condivisa in molti e diversi modi: si può parlare di una realtà anche senza averla mai conosciuta. La IT la inventa, la crea, la ricrea e la trasforma, reinventandola, facendola diventare anche “altro”.

L’informazione di un libro in rete, digitale com’è, non è reale ma virtuale. Ne puoi conoscere l’esistenza come essenza narrativa, metafisica mentale, nello scambio di informazioni tra i fruitori coi loro messaggi e segnalazioni su ciò che è considerato essenziale. Ti trovi così a parlare e leggere “qualcosa” (una idea, un progetto, un programma, un evento, un personaggio) che non hai tra le mani come un libro, ma una realtà conoscitiva che cresce sempre più man mano che si diffonde, si rinnova e si trasforma in bits & bytes.

Ti trovi, insomma, a parlare di qualunque cosa che non conoscevi prima e che hai imparato a conoscere man mano che la comunicazione si diffonde. Qui si tratta di un libro. Basta la parola, il titolo. Ma, allora, dirà qualcuno, c’è il rischio di creare, dare vita a irrealta’ e falsità, sciocchezze senza fine. Non è così. Il tema c’è, qualcuno l’ha trattato, ne ha scritto, comunicato, condiviso, qualcun altro ha raccolto il messaggio, l’ha trasformato in un tema, una argomentazione, una discussione, una ricerca che si distende e si definisce, autorinnovandosi senza freno.

Basta il solo titolo di questo libro, che esiste in versione cartacea ma che io ho letto in versione digitale, per giunta in un’altra lingua, a darmi la possibilità di parlarne con altri che magari non l’hanno fatto, eppure ne parlano e ne discutono con me e con altri i quali si trovano nelle medesime condizioni. Che significa tutto questo? Semplice: quando entro nella mia biblioteca digitale qui su librarything o goodreads, scelgo un “libro”, che libro non è, ma soltanto un titolo e comincio a tessere il filo.

Mi trovo così a confrontarmi con le migliaia di recensioni, commenti, citazioni che sono state fatte in tutte le lingue. Ecco come diventa possibile parlare di un libro senza averlo mai letto. Se Pierre Bayard, autore di questo libro, fosse responsabile di Goodreads o di Librarything, alle tre categorie standard assegnate ai libri catalogati, letto, in lettura, voglio leggere, aggiungerebbe anche quella di “sconosciuto, “non posseduto”.

Un argomento, un personaggio, un evento, una storia, problema, qualunque cosa può diventate argomento di discussione e di confronto. Perché noi siamo più che semplici rifugi per le nostre biblioteche interiori, siamo la somma di questi libri, siamo dei libri viventi, aperti alla narrazione, alla scoperta degli altri e di noi stessi.

A poco a poco, questi libri ci fanno diventare quello che siamo, e non possono essere separati da noi senza farci soffrire. Commenti che sfidano i libri nelle nostre biblioteche interiori, attaccano ciò che è diventato parte della nostra identità, possono ferire noi fino al centro del nostro essere. Bayard definisce “libri che non hai letto” in senso ampio, inclusi gli ovvi “libri mai aperti”, ma aggiungendo “libri sfogliati”, “libri di cui hai sentito parlare ma che non hai mai letto” e “libri che hai letto ma che hai dimenticato.

“Intessuto di fantasmi che appartengono a ciascun individuo e delle nostre private leggende, il libro interiore individuale è attivo nel nostro desiderio di lettura, e cioè nel modo in cui cerchiamo e poi leggiamo dei libri. E’ questo l’oggetto fantasmatico in cerca del quale vive ogni lettore, del quale i libri migliori che incontrerà nel corso della sua vita non saranno che dei frammenti imperfetti, stimolandolo con ciò a proseguire la lettura”.

Il saggio di Bayard è un testo di teoria della lettura a vocazione critica, si pone l’obiettivo di alleviare l’angoscia originata dalla non lettura, fonte di un senso di colpa inconscio, e di indagare e descrivere le modalità di frequentazione dei libri e le forme di incontro con i testi, che stanno a metà strada tra il leggere e il non leggere. Il luogo astratto dove hanno luogo queste situazioni è la biblioteca nelle sue diverse forme: collettiva, interiore, virtuale e l’oggetto che attiva la nostra partecipazione è il libro: di copertura, interiore, fantasma. ( )
  AntonioGallo | Sep 28, 2022 |
Voilà un livre que j’avais lu il y a pas mal de temps et que j’avais un peu oublié. Il se trouve pourtant être à la naissance de ce blog !

Car oui, qu’est-ce qu’avoir lu un livre ? Peut-on dire qu’on a lu un livre si on l’a totalement oublié ou dont seules quelques bribes indistinctes et confuses zèbrent encore nos vagues souvenirs ? L’oubli et la transformation ne sont-ils pas des éléments indispensable de la mémoire ?

Pour en revenir à ce bouquin drôle et érudit, Pierre Bayard nous parle de ces livres dont on parle (en bien ou en mal) alors qu’on ne les parfois que parcouru, qu’on a oublié ou même… dont on avait juste entendu parler.

Un premier jet sur les grandes mythomanies sociales nées de nos complexes et qui avait donné lieu à d’autres expérimentations du même style dont "Comment parler des lieux où l’on a pas été ?" ( )
  noid.ch | Jun 13, 2022 |
I was surprised by how much I enjoyed this. Be warned, this gives you very little real practical advice in regards to the title. But it does explore the concepts of reading and not-reading and the social and personal consequences of these cultural practices. I suspect it is a book more likely to be enjoyed by those who are already well read who also enjoy the philosophy of art and the creative spirit, English majors and artists and the like. He explores a number of books I have and haven't read and even a few movies. He turned Groundhog Day into a more profound experience than it maybe deserves. In the end, I was surprised how inspiring I found the ultimate message about personal creativity and introspection. It made me want to reread "If on a winter's night a traveler", one of my favorite books about reading. I ended up with a lot of highlights of passages I would like to revisit, which is always a sign of approval in my library.

"Beyond the possibility of self-discovery, the discussion of unread books places us at the heart of the creative process, by leading us back to its source. To talk about unread books is to be present at the birth of the creative subject. In this inaugural moment when book and self separate, the reader, free at last from the weight of the words of others, may find the strength to invent his own text, and in that moment, he becomes a writer himself." ( )
  invisiblecityzen | Mar 13, 2022 |
Viser 1-5 af 84 (næste | vis alle)
“Non leggo mai libri che devo recensire; non vorrei rimanerne influenzato” affermava Oscar Wilde con il gusto del paradosso che lo contraddistingueva. La tesi che lo psicoanalista francese Pierre Bayard espone in questo libro non è molto diversa. Anche i lettori forti ricordano a distanza di tempo ben poco di quello che hanno letto. La memoria umana predilige l'oblio. Ciò non significa che nel nostro inconscio il libro letto non continui a vivere, come una atmosfera particolare, come un nucleo di idee e di emozioni che finiscono per determinarci. Inoltre un libro non è composto soltanto dal testo scritto dall'autore, ma da tutti i discorsi che negli anni (o secoli) si sono prodotti sul libro stesso: commenti, recensioni, conversazioni, lezioni, critiche professionali e non. Per cui, anche se non si è letto direttamente il testo, ci si forma ugualmente un'opinione precisa su un libro, fino ad arrivare a parlarne con cognizione di causa senza averlo mai letto direttamente.
Personalmente preferisco leggere i libri di cui parlo, ma devo ammettere che le ipotesi avanzate da Bayard sono seducenti. Ne rimase affascinato persino Umberto Eco, che al pamphlet del professore francese dedicò una famosa "bustina di minerva", cui volentieri rimando il lettore esigente.

Bayard esordisce affermando di non trovare la lettura una attività particolarmente piacevole, ma che il suo ruolo di docente di letteratura lo obbliga a parlare di libri che in gran parte non ha letto. Non ha mai letto, per esempio, l'Ulisse di Joyce e non ha certo compiuto una lettura integrale della Recherche di Proust. Di più, su molti libri egli deve redigere dei testi critici. Ciò lo mette in conflitto con tre costrizioni fortemente interiorizzate dalla nostra epoca: l'obbligo di leggere che conferisce alla lettura un carattere sacro, l'obbligo di leggere tutto e l'obbligo di leggere assolutamente un libro prima di parlarne.

L'esito di queste costrizioni interiorizzate è l'ipocrisia sui libri effettivamente letti, la menzogna imbarazzata. Le persone colte si vergognano ad ammettere di non aver letto determinati libri. A volte si arriva all'autoinganno: si è convinti di aver letto un libro che in realtà non si è mai letto. Bayard sottolinea come esistano molteplici livelli di lettura, situati tra il leggere e il non-leggere. L'incontro con un testo riconosce molte forme. E così i libri non letti, ma di cui si sia sentito parlare "esercitano effetti sensibili su di noi, tramite le risonanze che da essi ci pervengono".

La nozione di "libro letto" è ambigua. Ci sono libri a noi totalmente sconosciuti, libri che abbiamo soltanto sfogliato, libri di cui abbiamo sentito parlare e libri che abbiamo dimenticato. La relazione che intratteniamo con i libri non è affatto omogenea, "bensì uno spazio oscuro infestato da frammenti di ricordi e il cui valore, anche creativo, dipende dai fantasmi dai contorni oscuri che vi abitano".

D'altronde, nemmeno un'intera vita può permetterci di leggere tutti i libri; l'importante, allora, non è tanto leggere per intero un libro, quanto avere una visione d'insieme della totalità dei libri. In questa visione d'insieme si riconosce la vera cultura, nella capacità quindi di mettere in relazione i libri tra di loro, piuttosto che nel conoscere meticolosamente alcuni singoli testi. Si deve cioè coltivare una visione d'insieme. "La cultura è soprattutto una questione di orientamento". Orientamento nella relazione dei libri tra di loro e orientamento all'interno di un testo (che si può ottenere velocemente anche dando soltanto una scorsa all'indice).

A volte per farsi un'idea precisa di un libro "basta leggere e ascoltare ciò che altri ne scrivono e dicono". Persino gli autori stessi sovente ignorano quanto hanno scritto nei volumi pubblicati. Infine - ancora una volta ci viene in soccorso Wilde - accanto ai libri da leggere e a quelli da rileggere ci sono i libri sconsigliati, quelli da cui sarebbe bene tenersi alla larga. La lettura non è perciò soltanto un processo benefico, ma talvolta può rivelarsi un'attività nefasta.

La memoria intorno alle nostre letture si riorganizza incessantemente. La lettura e il nostro parlare di libri è più che altro un pretesto autobiografico, un modo per parlare di noi stessi. e per interpretare la nostra esperienza.

Bayard ci invita dunque a liberarci una volta per tutte dalla falsa idea perfezionista, imposta dalle istituzioni scolastiche, della lettura integrale, per vedere invece nei libri principalmente una parte di noi stessi, uno strumento fluido di autoconoscenza, un importante materiale per la costruzione della propria identità e un' occasione di creazione originale.

tilføjet af AntonioGallo | RedigerInterruzioni.net
 
I seriously doubt that pretending to have read this book will boost your creativity. On the other hand, reading it may remind you why you love reading.
 

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Forfatter navnRolleHvilken slags forfatterVærk?Status
Bayard, Pierreprimær forfatteralle udgaverbekræftet
Künzli, LisOversættermedforfatternogle udgaverbekræftet
Mehlman, JeffreyOversættermedforfatternogle udgaverbekræftet
Thorel, PirjoOversættermedforfatternogle udgaverbekræftet
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Kanonisk titel
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Personer/Figurer
Vigtige steder
Vigtige begivenheder
Beslægtede film
Indskrift
Oplysninger fra den engelske Almen Viden Redigér teksten, så den bliver dansk.
I never read a book I must review; it prejudices you so.
– Oscar Wilde.
Tilegnelse
Første ord
Oplysninger fra den engelske Almen Viden Redigér teksten, så den bliver dansk.
Born into a milieu where reading was rare, deriving little pleasure from the activity, and lacking in any case the time to devote myself to it, I have often found myself in the delicate situation of having to express my thoughts on books I haven't read.
Citater
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In this mischievous book, literature professor Bayard contends that, in this age of infinite publication, the truly cultivated person is not the one who has read a book but the one who understands the book's place in our culture ... Using examples from works by Graham Greene, Umberto Eco, and others (and even the movie Groundhog Day), Bayard examines the many kinds of "non-reading" (forgotten books, books discussed by others, books we've skimmed briefly) and the many potentially nightmarish situations in which we are called upon to discuss our reading with others. At heart, this delightfully tongue-in-cheek book challenges everyone who's ever felt guilty about missing some of the great books to consider what reading means, how we absorb books as part of ourselves, and why we spend so much time talking about what we have, or haven't, read.

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