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The Bottom Billion: Why the Poorest Countries are Failing and What Can Be Done About It (2007)

af Paul Collier

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Global poverty, economist Collier points out, is actually falling quite rapidly for about 80% of the world. The real crisis lies in a group of about 50 failing states, the bottom billion, whose problems defy traditional approaches to alleviating poverty. Here, Collier contends that these fifty failed states pose the central challenge of the developing world in the twenty-first century. This group of small nations, largely unnoticed by the industrialized West, are dropping further and further behind the majority of the world's people, often falling into an absolute decline in living standards. A struggle rages within each of these nation between reformers and corrupt leaders--and the corrupt are winning. Collier analyzes the causes of failure, and offers a bold new plan.--From publisher description.… (mere)
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Big ideas Big policies, I really hope for a better world in our future. ( )
  bsmashers | Aug 1, 2020 |
A sober, often counterintuitive roadmap for global development. Part academic analytics, part quite manifesto, "The Bottom Billion" is poignet, timely and surprisingly readable. ( )
  rabbit.blackberry | Oct 19, 2017 |
A sober, often counterintuitive roadmap for global development. Part academic analytics, part quite manifesto, "The Bottom Billion" is poignet, timely and surprisingly readable. ( )
  rabbit.blackberry | Oct 19, 2017 |
Un libro ideale per organizzarci attorno convegni e dibattiti. L’autore, direttore dell’oxfordiano Centre of the Study of African Economies e già collaboratore di Joseph Stiglitz, pone una questione seria: al netto del recente “sviluppo” di paesi come Cina, India, Brasile e altri, rimane un miliardo di persone nei «paesi arretrati» (buona parte dei quali concentrati in Africa) che costituiscono il vero problema del mondo attuale e di domani. Esse si ritrovano risucchiate in una spirale sulla cui natura e sulle cui vie d’uscita non si può più ripetere quanto già si è dimostrato fallimentare. Da parte sua, rifacendosi a un metodo di osservazione “statistico” – e in tal modo spiazzando molte analisi di sinistra come di destra – Collier identifica quattro grandi «trappole» nelle quali si dibattono i suddetti paesi. Per uscirne, «il cambiamento deve partire soprattutto dall’interno; non possiamo imporlo noi», afferma l’autore. Al tempo stesso, «possiamo fare molto di più per sostenere i riformatori». E infatti ogni parte del suo libro – una ricerca che «somiglia a un’inchiesta» – si conclude con una raccomandazione al G8. Se si supera il “rigetto” che possono di primo acchito suscitare in un “lettore di Nigrizia” diverse analisi e proposte dell’autore (la nozione di sviluppo, l’importanza conferita alla crescita, la legittimazione di certi interventi militari, i dubbi sull’efficacia del commercio equo…), non si può negare all’opera la capacità di rinnovare la riflessione sul «perché i paesi poveri diventano sempre più poveri». ( )
  Pier-Maria | May 23, 2017 |
Un libro ideale per organizzarci attorno convegni e dibattiti. L’autore, direttore dell’oxfordiano Centre of the Study of African Economies e già collaboratore di Joseph Stiglitz, pone una questione seria: al netto del recente “sviluppo” di paesi come Cina, India, Brasile e altri, rimane un miliardo di persone nei «paesi arretrati» (buona parte dei quali concentrati in Africa) che costituiscono il vero problema del mondo attuale e di domani. Esse si ritrovano risucchiate in una spirale sulla cui natura e sulle cui vie d’uscita non si può più ripetere quanto già si è dimostrato fallimentare. Da parte sua, rifacendosi a un metodo di osservazione “statistico” – e in tal modo spiazzando molte analisi di sinistra come di destra – Collier identifica quattro grandi «trappole» nelle quali si dibattono i suddetti paesi. Per uscirne, «il cambiamento deve partire soprattutto dall’interno; non possiamo imporlo noi», afferma l’autore. Al tempo stesso, «possiamo fare molto di più per sostenere i riformatori». E infatti ogni parte del suo libro – una ricerca che «somiglia a un’inchiesta» – si conclude con una raccomandazione al G8. Se si supera il “rigetto” che possono di primo acchito suscitare in un lettore "di sinistra” diverse analisi e proposte dell’autore (la nozione di sviluppo, l’importanza conferita alla crescita, la legittimazione di certi interventi militari, i dubbi sull’efficacia del commercio equo…), non si può negare all’opera la capacità di rinnovare la riflessione sul «perché i paesi poveri diventano sempre più poveri». ( )
  Pier-Maria | Sep 20, 2015 |
Viser 1-5 af 14 (næste | vis alle)
At the core of this fluent, thought-provoking book is an analysis of why these states continue to fall behind and fall apart. Civil wars are caused not by colonial legacies or fractious ethnic populations, he argues, but by the appeal of a shot at riches to uneducated, impoverished young men.
 
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Global poverty, economist Collier points out, is actually falling quite rapidly for about 80% of the world. The real crisis lies in a group of about 50 failing states, the bottom billion, whose problems defy traditional approaches to alleviating poverty. Here, Collier contends that these fifty failed states pose the central challenge of the developing world in the twenty-first century. This group of small nations, largely unnoticed by the industrialized West, are dropping further and further behind the majority of the world's people, often falling into an absolute decline in living standards. A struggle rages within each of these nation between reformers and corrupt leaders--and the corrupt are winning. Collier analyzes the causes of failure, and offers a bold new plan.--From publisher description.

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