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The Pig and the Skyscraper: Chicago: A History of Our Future

af Marco D'Eramo

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832323,204 (4.19)Ingen
"Lying on the shores of the boundless sea that is Lake Michigan, Chicago is the most American of American cities, offering what neither New York, San Francisco nor Los Angeles can provide: a reality check, an idea of what the heart of America is really thinking." "Like a cross between Philip Marlowe and Walter Benjamin, Marco d'Eramo stalks the city streets, leaving no myth unturned. Unpacking his "old world" conceptual baggage and maintaining a European's detached, incredulous gaze, he slowly comes to recognize the familiar stink of modernity that blows across the Windy City, the origins of whose greatness (the slaughterhouses, the railroads, the lumber and cereal-crop trades) are by now ancient history, and where what rears its head today is already scheduled for tomorrow's chopping block." "Chicago has been the stage for some of modernity's key episodes: the birth of the skyscraper, the rise of urban sociology, the world's first atomic reactor, the economic school of the Chicago Boys. Here in this postmodern Babel, where the features and contradictions of American society are writ large and deep, we witness the revolutionary, subversive power of capitalism at its purest."--Jacket.… (mere)
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Un libro che parla della politica americana, della sovversiva logica del capitale, del bisogno di catalogare tutto, comprese le razze (inesistenti biologicamente) per incasellare e censire gli abitanti, di lotte sindacali e di massacri, dei famosi mattatoi di Chicago, così ben descritti da Sinclair in quell’inquietante romanzo-reportage: La giungla, dell’eccesso di democrazia apparente (quasi tutte le cariche sono elettive, fin dalle scuole abituati così) e degli stratagemmi per mettere una pezza a questa “democrazia” con i super delegati, per esempio, che nelle primarie hanno un potere di voto superiore agli altri votanti. Raccontando della città che più di altre ha rappresentato tutto questo. La corruzione, la spinta innovativa, i cambiamenti che, da questa città, sono arrivati fino a noi. Si toccano tutti i temi importanti quali la schiavitù, l’immigrazione, che oggi è cambiata ma si rinnova, come un ciclo. Cambiano le popolazioni ma si ripetono i passaggi cruciali.
Interessante poi sapere che la percezione che si ha della discendenza della popolazione americana sia falsata da alcuni fatti storici. Come la percentuale di origine nazionale che pensavo fosse soprattutto anglo-irlandese e invece la prima nazionalità rappresentata come discendenza è quella tedesca con 43 milioni di americani di origine tedesca contro i 30 milioni di irlandesi e i 24 milioni di inglesi. (Gli italiani sono quasi 16 milioni). Questo alla data di quando è stato scritto il libro.
E questo perché dopo la prima guerra mondiale molti tedeschi hanno cambiato cognome, molti hotel hanno eliminato i riferimenti alla patria di provenienza, i giornali in lingua tedesca, i panini coi frankfurter (i wurstel, poi rinominati Hot Dog, o Perros Calientes, come li chiamano gli ispanici). Nemmeno sapevo che ci fossero campi di concentramento per tedeschi negli Usa. Come quelli per i giapponesi dopo la seconda guerra mondiale.

Interessante anche scoprire le differenze tra i musulmani arabi e quelli afroamericani. Dove la Nation of Islam (compreso Malcolm X) crede (credeva) a una religione dove, e cito:

Ecco dunque la cosmogonia dei musulmani neri, come è riassunta da Malcolm X. Dopo che la luna si fu staccata dalla terra, i primi esseri umani, che erano di colore, fondarono la città santa della Mecca. Tra questo popolo negro c’erano 24 sapienti, uno dei quali, in conflitto con gli altri, formò la tribù negra di Shabaz, particolarmente forte, da cui discendono i cosiddetti negri americani. "Circa 6100 anni fa, quando il 70% del popolo era soddisfatto e il 30% insoddisfatto, nacque fra questi ultimi un certo Yakub.” Yakub divenne scienziato, predicò dottrine eretiche alla Mecca tanto che fu esiliato con i suoi 59.999 seguaci nell’isola di Patino, dove millenni dopo l’apostolo Giovanni avrebbe scritto l'Apocalisse. Sdegnato per l’esilio, Yakub decise di creare una razza di bianchi attraverso una selezione genetica: “Sapeva benissimo che gli esseri umani che sarebbero derivati da tale processo sarebbero stati di pelle più chiara e più deboli, e anche più suscettibili di esser preda della malignità e cattiveria. In tal modo egli avrebbe ottenuto quella razza di diavoli bianchi che aveva vagheggiato”. La selezione di una razza bianca dalla razza nera originaria richiese secoli, alla fine dei quali “sull’isola di Patmo c’erano soltanto questi diavoli biondi, dalla pelle chiara e dagli occhi celesti; dei selvaggi nudi e senza alcun senso di vergogna, pelosi come animali, che passeggiavano su quattro zampe e vivevano sugli alberi”. Dopo altri seicento anni, questa razza tornò tra i neri originari e, nel giro di sei mesi, “servendosi di menzogne che spinsero i negri a combattersi l’uno con l’altro, questa razza di diavoli aveva trasformato quello che era stato un paradiso terrestre in un inferno dilaniato dalle lotte e dai contrasti”. Ma la profezia asserisce che, dopo 6000 anni, durante i quali la razza bianca di Yakub avrebbe dominato il mondo, l’originaria razza negra avrebbe dato i natali a un uòmo la cui saggezza, sapienza e potere sarebbero stati infiniti.
Costui sarebbe stato, naturalmente, Elijah Muhammad.

E l’autore giustamente aggiunge:

Sarebbe sbagliato sorridere di fronte alle enormità di cui è costellata e intessuta questa saga. E non solo perché decine di migliaia di persone vi credono, il che sarebbe già una buona ragione. Chi saremmo mai noi per disprezzare queste credenze, quando migliaia di paralitici cattolici si recano ogni anno a bagnarsi nell’acqua sporca di una vasca in una grotta francese sperando in un miracolo?

Insomma, evitare di sorridere è difficile, specie se sei ateo e già ti fanno sorridere le sciocchezze delle altre e della religione del paese dove sei cresciuto. Però rimane affascinante da un punto di vista scientifico come le persone, in ogni parte del globo, abbiano bisogno di credere in qualcosa, anche di assurdo, pur di star bene a dare delle pseudo risposte a ciò che non capisce. Da chi crede agli spiriti della foresta a chi in Joseph Smith.

Sicuramente non ricorderò tutto, perché ci sono elenchi di nomi di sindacalisti e politici che non mi dicono nulla. Ma è sicuramente un libro interessante per capire alcuni modi di vivere, di pensare e d i agire degli americani, sia come popolo, sia come dirigenti.
Affiancato a Storia del popolo americano di Zinn è un ottimo libro per capire il contrasto tra il marcio e il luccichio di questo paese complesso. ( )
  Atticus06 | Jun 9, 2020 |
An intense journey through the Randolph Street Train Station, the Futures Market, Haymarket, and then onto Indian Castes, Nation of Islam versus Mormonism, "Greek Heroes and Lumpen Capitalists"...that is to say, two-thirds the way through this 400 pager I was suddenly surprised when d'Erama mentioned the city of Chicago again. I had completely forgot that was the supposed topic of this book. This is not to say I was disappointed as generally this was interesting stuff (an Italian Mike Davis I suppose). Of course it has some of that Euro-criticism of US culture to it - no European city would sink to an embrace of such an appellation as Porkopolis or even "[Europe's:] Dairy Land" – with a somewhat mixed opinion of our country’s track record with immigrants. Yes we’re all immigrants, but we treat immigrants unfairly. Whatever, it’s all apparently a forecast of what the future of Europe might be like and “also a warning about what to avoid” as the Chicago Tribune review on the back says – something I didn’t read (nor did I see Frontline’s, “kaleidoscope of a book, with its ability to surprise at every turn of the page.” which I find most germane, after the fact). It’s all fine and dandy, but perhaps 200 pages would have sufficed. ( )
  mjgrogan | Jul 17, 2009 |
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"Lying on the shores of the boundless sea that is Lake Michigan, Chicago is the most American of American cities, offering what neither New York, San Francisco nor Los Angeles can provide: a reality check, an idea of what the heart of America is really thinking." "Like a cross between Philip Marlowe and Walter Benjamin, Marco d'Eramo stalks the city streets, leaving no myth unturned. Unpacking his "old world" conceptual baggage and maintaining a European's detached, incredulous gaze, he slowly comes to recognize the familiar stink of modernity that blows across the Windy City, the origins of whose greatness (the slaughterhouses, the railroads, the lumber and cereal-crop trades) are by now ancient history, and where what rears its head today is already scheduled for tomorrow's chopping block." "Chicago has been the stage for some of modernity's key episodes: the birth of the skyscraper, the rise of urban sociology, the world's first atomic reactor, the economic school of the Chicago Boys. Here in this postmodern Babel, where the features and contradictions of American society are writ large and deep, we witness the revolutionary, subversive power of capitalism at its purest."--Jacket.

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