Anche come saggistica, critico letterario, cinefilo, "affabulatore" Tabucchi si conferma un grandissimo scrittore, quale è stato e quale è stato riconosciuto. Tempi, senso di ciò che si scrive, capacità di far comprendere ciò di cui si scrive sono doti che il pisano ha dimostrato di migliorare ed affinare libro dopo libro, chiudendo il tutto in quest'ultima opera. Addio. ( )

"Si scrive perché si ha paura della morte? È possibile. O non si scrive piuttosto perché si ha paura di vivere? Anche questo è possibile. Si scrive perché si ha nostalgia dell’infanzia? Perché il tempo è passato troppo in fretta? Perché il tempo sta passando troppo in fretta e vorremmo fermarlo? Si scrive per rimpianto, perché avremmo voluto fare una certa cosa e non l’abbiamo fatta? Si scrive per rimorso, perché non avremmo dovuto fare quella certa cosa e invece l’abbiamo fatta? Si scrive perché si è qui ma si vorrebbe essere là? Si scrive perché si è andati là ma dopotutto era meglio se restavamo qui? Si scrive perché sarebbe davvero bello poter essere qui dove siamo arrivati e allo stesso tempo essere anche là dove ci trovavamo prima?..." Questo è l'incipit voluto da Tabucchi per il suo volume uscito postumo che rappresenta un bellissimo testamento spirituale.Un volume che raccoglie riflessioni e piccoli saggi, soprattutto la convinzione che la scrittura sia un'esigenza di vita. Tabucchi parla degli scrittori da lui più amati, come Primo Levi, di grandi del cinema come Fellini, riflette sulla nostalgia (spleen e saudade), sulla labilità umana, sul concetto di tempo ("tutto è nel Tempo, eccetto il Tempo stesso") e su ciò che rimane del tempo di un uomo. Quando il tempo finisce, di tutto non rimane che un Residuo, come dice il verso tratto da Drummond de Andrade che dà il titolo al libro: di tutto resta un poco. ( )