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Margherita d'Ayala Valva

Forfatter af The Musee D'Orsay

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Invitare alla lettura di un libro che ci parla di pittura, di arte in genere, e che ci racconta di protagonisti dell’arte o di opere che hanno reso e rendono la vita migliore, non dovrebbe essere necessario. Ancor più in un Paese come il nostro, culla da secoli della massima espressione dell’umanesimo in ogni suo campo, oltre che scrigno di inesauribili bellezze di ogni tipo.

Azzardo perciò questo invito alla lettura ricordando che, oltre al piacere di poter sfogliare un volume che profuma di carta patinata e di essenze d’inchiostro come questo, il possederlo torna assai utile in quei frangenti in cui si vuole approcciare ad un evento culturale in modo più completo, magari arrivando allo stesso con maggiore conoscenza dell’autore protagonista del percorso espositivo, del suo iter espressivo, delle correnti in cui lo stesso si è forgiato o che ha contribuito a plasmare, così pure delle opere di maggior rilievo.

L’occasione della mostra “Renoir l’alba di un nuovo classicismo” organizzata in quel di Rovigo dal 25 febbraio al 25 giugno 2023, è stata l’occasione per estrarre dallo scaffale questo volume (il numero 8) della collana “I classici dell’arte” dedicato a Renoir. Parliamo di un gradevole prodotto editoriale, di pratico formato (cm. 17 x 21, sta in uno zainetto), stampa e carta di buonissima qualità, edito da Skira e reperibile in diverse edizioni, alcune sponsorizzate da pregevoli progetti culturali (quella cui faccio personalmente riferimento è stata edita da Rizzoli/Corriere della Sera, ma non è differente da quella posta in commercio dall’editore).

Oltre alle curatissime riproduzioni delle più significative opere di Pierre-Auguste Renoir, il volume ci offre uno sguardo a tutto campo su uno dei massimi artisti del movimento impressionista, corrente artistica sviluppatasi in Francia, soprattutto a Parigi, nella seconda metà dell'Ottocento e che tra i maggiori protagonisti ha visto Paul Cézanne, Edgar Degas, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro.

Lo fa grazie ad una struttura saggistica fluida, con uno schema ben identificabile che orienta sin da subito chi legge, ben digeribile anche da chi non mastica arte dal mattino alla sera o non può definirsi assiduo frequentatore di pinacoteche, mostre e musei. Ho trovato delicatissima ed emozionale, ma comunque efficace nel presentarci un artista anche sul suo lato umano e familiare, la bella introduzione con cui si apre il libro, affidata al Jean Renoir, regista, sceneggiatore e scrittore francese, secondo figlio del pittore impressionista e già autore del libro “Renoir mio padre” (Garzanti, 1962) da cui è tratta l'introduzione.

“Mio padre aveva qualcosa di un vecchio arabo e molto di un contadino francese, con la differenza che la sua pelle, sempre protetta dal sole per la necessità di tenere la tela fuori dai riflessi ingannatori, era rimasta chiara come quella di un adolescente. Quel che colpiva gli estranei che s’incontravano con lui per la prima volta erano gli occhi e le mani”

Egli parla del padre (appellandolo in tal modo solo all’inizio del testo riportato nel libro) come se fosse l’interprete di uno dei suoi lungometraggi. Lo chiama Renoir, quasi a non voler togliere quell’aura di puro artista che lo circonda, e lo racconta alternando inquadrature di vita familiare a fotogrammi in cui è l’artista, con la sua caparbietà, a prevalere su ogni cosa. Ci guida in una narrazione ricca di piccoli dettagli, a tratti delicata, a tratti più energica, intensa. Ci racconta di Renoir e del suo onnipresente cappello calzato sopra la testa, delle sue escursioni pittoriche, della dolorosa artrite che gli deformerà le mani, ma non la sua instancabile voglia di dipingere, di raccontare. Voglia che ne fa uno dei pittori più prolifici della storia dell’arte della sua epoca (anche questo il libro ci racconta).

Segue un corposo e puntuale capitolo sulla vita e l’arte dell’artista. Accademico quanto basta, snello a sufficienza per farci avvicinare alla vita artistica e all’opera del maestro e, insieme a quella, alla corrente (non la sola) che lo ha meglio rappresentato: l’impressionismo. Nel racconto c’è la storia di una vita dedicata alla pittura, c’è l’istinto di ribellione a canoni estetici che egli considerava superati, la rosa di grandi artisti contemporanei che gli erano accanto o la corte di lo avversava. C’è anche il ripensamento, la ripresa di uno studio, la mutazione della tecnica e dei soggetti. Vi si trova, insomma, quello che serve per affrontare una mostra dedicata a Renoir non a completo digiuno, che è poi ciò che serve per dare a quel percorso una certa godibilità e l’orgoglio di sapere già qualcosa di ciò che si va a vedere e che magari si riesce pure a capire.

Le pagine che seguono, dedicate alle importanti opere di questo artista, affiancano la riproduzione del lavoro d’artista ad una descrizione (con tanto di dimensioni e collocazione museale). Non mancano La Grenouillère (1868), Ballo al moulin de la Galette (1876), La colazione dei canottieri (1880-1882), Sulla terrazza (1881) e Le bagnanti (1818-19), tanto per citarne solo alcune tra le più conosciute. Il tutto, nel perfetto stile Skira, una casa editrice da sempre specializzata in prodotti editoriali vocati all’arte. Sin da quel 1928 in cui, all’età di ventiquattro anni, Alberto Schira, ginevrino classe 1904, “francesizza” il suo nome e fonda a Losanna la società Albert Skira-Livres d’art. Un inizio a piccoli passi, ma poi l’incontro con Pablo Picasso e quello che ne seguirà (l’artista gli consegna, nel 1931, le trenta acqueforti per le Metamorfosi di Ovidio che comporranno il primo volume di Skira tirato in appena centoquarantacinque copie stampate su carta di alta qualità), aprirà la strada ad un percorso che trasformerà l’editore in un protagonista indiscusso del settore. Nel 1995, Giorgio Fantoni e Massimo Vitta Zelman acquistano dapprima il marchio Skira e poi l’intera società. A Milano si stanzia la nuova sede e la produzione potrà vantare collaboratori del calibro di Federico Zeri, Vittorio Gregotti, Carlo Bertelli, Emilio Tadini, Pierluigi Cerri.

Questo volume di Skira si chiude con tre piccoli apparati: una tavola cronologica legata all’artista, una schematica collocazione delle opere presentate, un’antologia critica. Il che lo rende, pur non essendo un saggio enciclopedico, un prezioso scrigno di informazioni e curiosità.

A tale proposito mi permetto una nota a margine: questo libro mi è tornato assai utile durante la visita guidata (suggerita stante il tema della mostra) che ho fatto alla mostra “Renoir l’alba di un nuovo classicismo”. Utile per meglio cogliere alcuni elementi base dell’esposizione potendo quindi meglio seguire il tema proposto dai curatori del percorso, più orientato alla svolta classicista dell’artista, al suo Grand Tour in Italia ed all’interazione con arte e maestri del Bel Paese, piuttosto che al movimento impressionista cui solitamente lo si accosta.

“L’ombra degli ulivi è spesso color malva: è sempre mobile, luminosa, piena di gaiezza e di vita. Se ci si lascia andare, si ha l’impressione che Renoir sia ancora lì e che a un tratto lo si possa udir canticchiare mentre strizza l’occhio alla tela. Egli fa parte del paesaggio”.
… (mere)
 
Markeret
Sagitta61 | 1 anden anmeldelse | Jun 5, 2023 |
The art is wonderful; the text, not so much. Though there is some useful information here, it's often obscured by pedantic artspeak and a welter of references that I, not being an art historian, unfortunately don't understand (and don't want to be looking up every five minutes). The text is also marred by awkward grammar and typos, due to poor translating, poor copyediting or both. What redeems the book are the wonderful selection of pictures, the introduction by Renoir's son Jean (excerpted from his biography of his father), and the ending transcripts of conversations between Renoir and Ambroise Vollard, which are a lot more illuminating about Renoir's process than anything by the main authors.… (mere)
 
Markeret
simchaboston | 1 anden anmeldelse | Apr 12, 2015 |

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