Rolf Hochhuth (1931–2020)

Non c'è, nelle cronache letterarie, un'opera che come Il Vicario sia stata al centro di polemiche cosi acri e di contrasti cosi accesi, che abbia suscitato denigrazioni accanite e consensi entusiastici. Molti hanno ritenuto di potersene sbarazzare più facilmente contestandole ogni valore artistico o contrapponendole opere storiche più moderate nelle conclusioni. Ma anche senza voler entrare nel merito del problema della validità letteraria o documentaria del Vicario, su cui giudicherà il lettore, non si può negare allo Hochhuth il merito di essere andato al fondo di una delle questioni più scabrose dei nostri tempi. Al centro di quest'opera è la figura di Papa Pio XII che l'autore - sulla scia di giudizi già espressi da molti (tra gli altri ricordiamo Camus e Mauriac) - accusa di avere assistito, senza elevare la sua protesta, allo sterminio dei sei milioni di ebrei compiuto dai nazisti nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Molti cattolici hanno reagito violentemente alle accuse di Hochhuth ritenendole blasfeme e dimenticando che il papa è infallibile solo quando parla ex cathedra di dottrine di fede o di morale, essendo nel resto, come tutti gli uomini, soggetto a colpe e a errori; ma non sono mancate parole coraggiose di sacerdoti, i quali per l'appunto hanno visto nel testo di Hochhuth l'invito a un esame approfondito, spietato delle nostre colpe, delle nostre omissioni, della prima rinuncia nei confronti della violenza e del male..." (C. Bo). Tra gli elementi che hanno contribuito al successo del Vicario sono il vigore, l'energia, l'appassionata partecipazione con cui l'autore si sforza di interpretare la cruda materia storica, la volontà di comprendere la nostra epoca attraverso la sua problematica più scottante.… (mere)